mercoledì 19 settembre 2012


E’ possibile impedire che un’unità immobiliare in condominio venga utilizzata come casa di tolleranza?

In casa propria ognuno fa quello che vuole! Non sempre è così. I troppi rumori possono portare da una condanna ed al risarcimento del danno, le alterazioni del decoro ad una condanna alla remissione in pristino, e così via. E la prostituzione? 

Si può evitare che uno dei condomini (uomo o donna è del tutto indifferente) si prostituisca nella propria abitazione? Si badi, parliamo soprattutto con riferimento al condomino, e non al conduttore perché in questo caso il discorso è più complicato. In sostanza se il proprietario sa che l’inquilino si prostituisce come minimo potrebbe andare in contro a verifiche per comprendere se ha favorito o meno quest’attività; è noto infatti che il favoreggiamento, e non la prostituzione in sé, è reato. Senza nessuna norma regolamentare, se l’attività si svolge nella massima discrezione, nessuno può dir nulla. Niente schiamazzi, niente alterchi, niente sporcizia? Allora non si può far nulla; ma anche se ci fossero questi inconvenienti, sarebbero essi e non la prostituzione in sé ad essere sanzionati. Come dire: fate con più attenzione! 

Ed allora? Tutto dipende dal regolamento condominiale contrattuale. In tal senso non vi sono dubbi, in dottrina e giurisprudenza, che " in materia di condominio negli edifici, l'autonomia privata consente alle parti di stipulare convenzioni che limitano il diritto dominicale di tutti o alcuni dei condomini sulle parti di loro esclusiva proprietà, nell'interesse di tutto il condominio o di una sua parte, e che vietano, in particolare, a tutti o ad alcuni dei condomini di dare alle singole unità immobiliari una o più destinazioni possibili, ovvero li obbligano a preservarne le originarie destinazioni per l'utilità generale dell'intero edificio, o di una sua parte" (Cass. 19 ottobre 1998 n. 10335). In che modo si può ottenere questo risultato? In due modi: 

1) elencando le attività non consentite (es. divieto di destinare gli appartamenti ad uffici); 

2) riferendosi ai pregiudizi da evitare (es. divieto di destinazione ad attività che possano turbare la tranquillità, o ledere il decoro dell'edificio)” (Matteo Ceolin, Regolamenti di condominio e vincoli di destinazione, anche alla luce del nuovo art. 2645- ter c.c., Riv. notariato , 2009, 04, 873). 

Tradotto in soldoni: il regolamento contrattuale può vietare tanto l’attività di prostituzione in sé e per sé, quanto tutte quelle attività che disturbino il riposo, la tranquillità il decoro e la sicurezza dell’edificio. Nel primo caso il solo esercizio dell’attività di meretricio può essere impedito, al di là dell’effettivo pregiudizio provocato: siccome il regolamento la vieta non è possibile continuare. E chi vuole ottenere la cessazione dell’illecito deve dimostrare solamente che in una casa c’è chi esercita la prostituzione. Null’altro. Optando per la seconda scelta, invece, non conta l’attività in sé quanto, piuttosto, il pregiudizio recato ai condomini. In questo contesto, quindi, la prostituzione esercitata con discrezione sarebbe lecita.  

Fonte: condominioweb