mercoledì 18 aprile 2012

Senatùr: 18 immobili in 18 anni ........



Si apprende in questi giorni che dal 1994 (anno in cui la Lega è entrata al governo) ad oggi, l'immobiliare facente capo alla famiglia di Bossi ha acquistato una serie di immobili tra cui due case, due fabbricati e ben 14 terreni ....... Ci si domanda; con quali soldi sono stati pagati questi immobili? Questa la storia degli acquisti:Il primo acquisto avviene il 30 aprile del 1994. Un terreno la cui proprietà viene ripartita equamente tra il Senatùr e la moglie a cui Bossi cederà altri tre terreni e un appartamento. Il patrimonio della famiglia verrà blindato in un fondo quattro anni più tardi, nel '98. Da lì in poi una serie di di acquisti va ad incrementare il parco immobili del Senatùr e famiglia. Il 12 gennaio del 2001 la Marrone acquisisce un fabbricato e tre terreni. Nel 2003, c'è il salto di qualità. Viene, infatti, comprata la villa di via Verbano. Ultimo affare in ordine di tempo, appena un anno fa il 24 giugno 2011. A tenere le fila della nuova operazione immobiliare è sempre la signora Bossi che acquista un fabbricato, una casa e cinque terreni. Di tutte queste proprietà non si conosce nè i valori delle transazioni nè con quali soldi siano state comprate. E i dubbi aumentano...... La legha che tanto in questi anni ha predicato alla fine ha razzolato male come gli altri. Penso che questo schiaffo sia un grosso problema per coloro che si sono presentati nella lista della lega per le prossime elezioni del sindaco a Desenzano del Garda. Se già prima c'erano delle divergenze di pensiero, ora penso che anche i militanti più accaniti vogliano delle spiegazioni.


Fonte: liberoquotidiano.it del 18.04.2012

giovedì 5 aprile 2012

Scadenze ed Aliquote IMU - Imposta Municipale Unica




Con gli emendamenti al decreto semplificazione approvati ieri dalle Commissioni Bilancio e Finanze del Senato, le famiglie e le imprese potranno fare i conti finali e reali solo in autunno. Entro il prossimo 18 giugno i contribuenti sono chiamati a pagare solo un acconto, pari alla metà del tributo che si otterrebbe se si applicassero aliquote e detrazioni indicate come standard dal decreto Salva Italia dello scorso dicembre. Siccome la scadenza di giugno è molto vicina, vediamo cosa dobbiamo fare per versare l'acconto. Gli immobili urbani sono divisi in due categorie: abitazioni principali: si intende la casa in cui della propria residenza fiscale; abitazioni secondarie (case in cui non si ha la residenza fiscale) e immobili non residenziali (uffici, laboratori, negozi, fabbriche eccetera). I box sono degli "ibridi": se sono pertinenziali a un'abitazione principale sono assimilati (ma il beneficio può riguardare una sola unità), diversamente seguono le regole degli immobili non residenziali. L' aliquota di riferimento per le abitazioni principali è pari allo 0,4% sulla rendita catastale originaria rivalutata del 5% e moltiplicata per 160. Dalla somma così ottenuta si detraggono 200 euro più altri 50 euro per ogni figlio a carico (intesi figli di età inferiore a 26 anni e residenti nella stessa abitazione). L' aliquota standard per gli altri immobili è dello 0,76% calcolato senza nessuna detrazione e su una base imponibile che si ottiene: per le case e i box effettuando lo stesso calcolo indicato sopra per le abitazioni principali; per i negozi aumentando la rendita del 5% e moltiplicando il risultato per 55; per gli uffici e i laboratori aumentando la rendita del 5% e moltiplicando il risultato per 80. L' acconto di giugno sarà pari alla metà dei risultati così ottenuti. Per conoscere la rendita catastale su cui effettuare il computo basta però disporre di una dichiarazione dei redditi in cui si sia già indicato l' immobile: nel 730 il riferimento è il rigo B1 (dove la rendita è indicata senza rivalutazione del 5%), nel modello Unico invece il punto di partenza è il rigo RB1, dove però la rendita indicata ingloba anche la rivalutazione del 5%. Il problema si verificherà a fine anno, in quanto le aliquote definitive si conosceranno solo a settembre. C'è il forte rischio che le tredicesime verranno utilizzate anziché per i classici acquisti natalizi, per il saldo dell'IMU, e quindi una frenata nei consumi.
Staremo a vedere.


Davide Giubellini
StudioGarda


martedì 3 aprile 2012

FIAIP: in italia ci sono 1 milione e 200mila abitazioni invendute



troppe case invendute secondo fiaip

la fiaip, federazione italiana degli agenti immobiliari professionali, lancia un preoccupato allarme sulla situazione del mercato delle casa. se da un lato molte famiglie non riescono ad avere accesso ad un'abitazione, né dal lato dell'affitto, né da quello dell'acquisto, dall'altro lato ci sarebbero 1.200.000 unità immobiliari invendute sparse su tutto il territorio. e la cifra fa discutere

il numero di case nuove invendute non è infatti facile da determinare, sebbene sia evidente che in questi anni l'offerta sia più abbondante del solito e probabilmente superiore alla domanda. l'estimazione non è tuttavia infondata, considerando che le sole case nuove invendute sono state calcolate in 120mila in un rapporto presentato lo scorso anno alla camera

fiaip ritiene che sia assolutamente necessario sbloccare il mercato immobiliare, perché con questi numeri e con le tasse che stanno arrivando sulla proprietà la situazione potrebbe peggiorare. ecco le proposte di fiaip per promuovere l'accesso all'abitazione:

- sostenere il mercato dell'affitto, sia dal lato dell'inquilino (canoni sostenibili) che dal lato del proprietario (detassazione per chi affitta a canone concordato)

- liberalizzazione del mercato delle locazioni per incentivare gli investimenti, con durate liberamente decise dalle parti

- trattamento degli affitti in nero come reato penale

- immediata esecuzione dello sfratto al termine della locazione

- esenzione imu per le coppie under 35 che pagano il mutuo

fonte: idealista.it

lunedì 2 aprile 2012

La beffa della caserma «svenduta» e il triplo affare dei francesi. Dopo 7 anni lo Stato la rivuole (sborsando il doppio) L'Università


«SPQR: Sono Pazzi Questi Risanatori», ridono i francesi di Bnp Paribas, facendo il verso ad Asterix, se pensano a certe cartolarizzazioni all'italiana: traffico di coca e d'armi a parte, dove lo trovi un investimento che renda in 7 anni oltre il doppio del capitale come la caserma «Miale» di Foggia? Una pazzia da manuale. O da inchiesta penale.
«Tesoro: immobili; no "svendopoli", cambio d'uso per valorizzare», titolava l'Ansa il 23 agosto 2001 spiegando che Giulio Tremonti voleva risanare i conti a partire dalla vendita di migliaia e migliaia di edifici di proprietà pubblica come certi edifici militari nel quartiere Prati di Roma e tanti altri sparsi per la penisola. Un anno dopo, un'altra Ansa spiegava che era in arrivo «la più grande cartolarizzazione mai fatta in Europa».


Si è trattato, in realtà, di due percorsi paralleli. Uno seguito con l'obiettivo di vendere, nelle più rosee speranze, 90 mila immobili di vari enti pubblici e portato avanti attraverso la costituzione di un paio di società in Lussemburgo («Con un capitale di 10 mila euro, due fondazioni olandesi come azioniste e un cittadino scozzese di nome Gordon Burrows alla presidenza», rivelò l'Espresso ) dal nome sventurato (Scip: Società cartolarizzazione immobili pubblici) ideale per i titoli giornalistici sugli edifici «scippati». L'altro con la parallela dismissione di strutture militari.


Quale sia stato l'esito della prima operazione lo hanno spiegato varie inchieste giornalistiche («un saldo negativo di 1,7 miliardi») e il procuratore generale della Corte dei Conti Furio Pasqualucci. Il quale un paio d'anni fa, bollando il risultato come «poco lusinghiero» (disastroso, con parole non «magistratesi») invitò chi volesse insistere a pensarci settanta volte sette giacché una nuova «alienazione deve essere attentamente dosata nel tempo e studiata in modo da conseguire risultati migliori di quelli derivanti dalle recenti cartolarizzazioni che a fronte di un portafoglio di 129 miliardi, ha fruttato ricavi per 57,8 miliardi, con un rapporto ricavi/cessioni pari al 44,7%». Molto meno della metà.


Quanto alle caserme, il tragicomico esempio foggiano è illuminante. Dovete dunque sapere che a Foggia, a due passi dalla facoltà di Giurisprudenza e a poche centinaia di metri dal cuore storico che ruota intorno alla cattedrale barocca della Beata Maria Vergine Assunta in cielo, c'è un grande edificio ottocentesco ancora in ottime condizioni, la «Caserma Miale da Troia».


Nelle foto dall'alto e su Google Maps è inconfondibile: è il palazzo più grande del centro cittadino. Elegante, tre piani, si sviluppa su circa 16 mila metri quadri coperti e ha un cortile interno di altri 6.500, pari (si calcola com'è noto il 25%) a un totale di 17.625 metri quadri. Valore? Altissimo, dice l'attuale proprietario trattando la vendita all'Università di Foggia: dove lo trovi uno spazio altrettanto grande e appetibile nel cuore del capoluogo?


Eppure grazie alla «cartolizzazione» tremontiana, quel proprietario, il Fondo «Patrimonio Uno» gestito dai parigini di «Bnp Paribas Rei Sgr», comprò poco più di sei anni fa quel ben di Dio (all'interno di un pacchetto con altri edifici) per una cifra intorno agli 11 milioni di euro. Pari, per capirsi, a circa 624 euro al metro quadro. Un affarone.


Affarone raddoppiato dalla decisione parallela del ministero degli Interni di prendere contestualmente in affitto la caserma venduta dal Demanio per poterci lasciare dentro la Scuola di polizia fino al 2023. Canone concordato: un milione e 160 mila euro l'anno. Facciamo i conti in tasca ai francesi? Comprata per 11 milioni, la caserma avrebbe loro fruttato in soli 18 anni (un battito di ciglia, per una banca) la bellezza di quasi 21 milioni di affitti (per l'esattezza 20.880.000) dopo di che sarebbe rimasta comunque loro la proprietà rivalutata.


Rovesciamo le parti? Lo Stato italiano fece la parte del giocatore impazzito che, rovinato dal demone febbrile della roulette o del poker, svende a un usuraio la casa in cui vive per prenderla poi in affitto a un canone stratosferico. Un delirio. Ma l'ingloriosa avventura finanziaria della Miale non era ancora finita. Due anni dopo (solo due anni!) aver firmato il contratto di vendita e di affitto, infatti, il Viminale ha deciso che la Scuola di polizia, lì dove stava, a quei prezzi, non gli serviva più. E l'ha chiusa. Risultato: l'edificio è oggi utilizzato solo in minima parte (diciamo un dieci o al massimo un quindici per cento) per la mensa della Questura, per una foresteria di poche stanze e per le esercitazioni del poligono di tiro. E intanto i cittadini italiani continuano a portare sul gobbo il canone stratosferico di 96.666 euro al mese: 3.178 al giorno.


A metterci una pezza, come dicevamo, è arrivata l'Università di Foggia. La quale, come spiega il rettore Giuliano Volpe, il primo a essere scandalizzato per la vicenda, potrebbe trarre «enormi vantaggi dall'acquisizione di questa struttura (nelle immediate vicinanze delle Facoltà di Giurisprudenza e di Economia), per la sistemazione del Rettorato, dell'amministrazione centrale e poi di aule, laboratori, servizi agli studenti, residenze e così via». L'altro ieri se ne è discusso al Cipe e grazie ai «fondi Fas» nell'ambito del «Piano per il Sud» pare che la cosa, per la quale anche Nichi Vendola si è speso molto, possa andare in porto.


Prezzo concordato per il «riacquisto» da parte dello Stato: 16 milioni e mezzo di euro. Cinque e mezzo in più di quelli ricavati dalla vendita del 2005. Ma poi, ammiccano i francesi fregandosi le mani, c'è da contare gli affitti incassati in questi sei anni e passa. Facciamo cifra tonda? Sette milioni di euro di canoni. Per un totale (16,5+7) di 23,5 milioni. Il doppio abbondante di quanto era stato investito. Visto dalla parte nostra: abbiamo fatto la parte dei baccalà. Ammesso, si capisce, che si sia trattato di baccalà sventurati ma in buonafede e non baccalà furbetti ingolositi da qualche «esca» inconfessabile...


E dopo aver visto svendere ai soliti «amici» attici a San Pietro da 113 mila euro e case al Colosseo da 177 mila e poi caserme come la Miale con le modalità descritte vogliamo venderci ancora i gioielli di famiglia? O cambia tutto o mai più, così. Mai più.


Gian Antonio Stella


fonte: www.corriere.it